Introduzione alla Formazione Marziale
06/10/2009 § 1 Commento

Walter Allievi e Lapo Baglini - Trainers
Partendo da questo assunto, verso la fine del 2008, io e l’amico Lapo Baglini abbiamo cominciato a pensare a come, in concreto, si potesse portare l’esperienza formativa delle Arti Marziali in Azienda, con profitto per sia per l’Azienda come sistema che per i singoli dipendenti, stimolando le abilità fisiche e mentali dei partecipanti con esercizi marziali che si ponessero al tempo stesso come sfida senza essere rischiosi nella realtà della pratica.

Focus sull'obiettivo - Sessione di Formazione Marziale con il Kung Fu
Contesto di riferimento
Quando si parla di arti marziali interne, si parla sostanzialmente di arti che pongono il focus sull’uso dell’energia interna (“chi” per i Cinesi e “ki” per i Giapponesi), sull’equilibrio e della forza interiore del corpo.
La forza interiore non è, come spesso viene fatto credere, un concetto prettamente metafisico; riguarda anche, e in modo rilevante, l’uso della muscolatura più profonda e il corretto utilizzo meccanico di tutta la struttura corporea (ossa, muscoli, tendini e articolazioni).
Grande importanza nelle arti marziali interne riveste inoltre l’uso dell’energia dell’avversario per controllarlo e neutralizzarlo. Un detto del Tai Chi recita infatti “usare 100 grammi per spostare 100 chili”.
Le misure riportate a volte variano (si passa dai 40 ai 400 grammi per spostare a volte fino a 400 chili…) ma il concetto di fondo è questo: se correttamente applicata, basta una piccola forza per ottenere un grande risultato. Non molto lontano da ciò che diceva Archimede.

Taichi e Formazione Marziale - Il Tui Shou in una sessione di Formazione Marziale
Ma quali arti marziali sono definibili interne? Non molte per la verità, si tratta sostanzialmente di tre grandi famiglie: il Pakua, lo Hsing Yi e il Tai Chi, appunto. Tutte di origine Cinese. L’altra arte che probabilmente è possibile definire come interna è l’Aikido fondato in Giappone dal Maestro Morirei Ueshiba a metà secolo scorso. L’Aikido pone ancor maggiormente l’accento, rispetto alle arti cinesi se possibile, sull’utilizzo dell’energia dell’avversario per controllarlo e neutralizzarlo, sempre nel rispetto dell’essere umano e del principio “minor dispendio di energie con il massimo rendimento” (efficienza ed efficacia).
La lotta si basa principalmente sullo sfruttamento della propria prestanza atletica e della tecnica di combattimento più che sull’uso della forza dell’avversario e sulla cedevolezza. Questo per lo meno nelle prime tappe del cammino di un artista marziale “esterno”. In realtà poi le due strade, quella interna e quella esterna, tendono entrambe verso un’unica meta, l’equilibrio e la pace interiore. E ad alti livelli i principi utilizzati dai Maestri sono molto simili, indipendentemente dall’arte di provenienza.
Le arti esterne sono moltissime, in pratica sono tutte quelle non indicate in precedenza come interne, quindi i vari stili di Kung-Fu Cinese, Karate e Ju-Jitsu Giapponesi, Kali Filippino, Viet-vo-dao Vietnamita, Taekwondo Coreano, Ju-Jitsu Brasiliano… l’elenco, comprendendo tutte le sfumature e gli stili derivati, è potenzialmente infinito.
Bello questo articolo!
Mi hai chiarito diversi aspetti e aperto nuove strade per l’applicazione in azienda per azioni di training esperienziale o coaching.